Difendiamo il biologico senza demonizzare la ricerca


Lumachine, arachidi vestiti da ragnetti rossi, acari, moscerini e altri insetti, per non parlare dei bruchi etc. mentre studiano da “insetto perfetto” mangiano frutta e foglioline a quattro palmenti. Avete mai visto un campo di patate attaccato dalla dorifora? Si tratta di un coleottero con la livrea a righe come quella dei camerieri degli alberghi nelle ore del servizio di fatica, ebbene, distruggono tutto e poi depongono le uova per la prossima piantagione. Molti anni fa, l'associazione Slow Food lanciò una campagna per proteggere i prodotti naturali e soprattutto la biodiversità; ora con iniziative come l'Arca dei presidi e con il premio internazionale, Slow Food sta conducendo con grande successo una campagna che copre tutto il mondo. A Genova la Camera di Commercio promuove iniziative per proteggere i prodotti locali e per tentare di invogliare i produttori di frutta e ortaggi a riprendere le colture che sembra stiano scomparendo. Ciò avviene con la collaborazione dei ristoratori che hanno dimostrato sensibilità e disponibilità e sanno bene di essere il veicolo privilegiato per la diffusione di generi alimentari e con la collaborazione di ricercatori di questa università.
Difendiamo il biologico

Esiste una Associazione Liguria Biologica che ha edito un quaderno su “gli antichi ortaggi del Tigullio” e molte altre iniziative vanno in questo sento. Insomma, sta crescendo un movimento di opinione che vede interessati sia gli operatori sia le istituzioni.Da tempo all'Università di Milano Attilio Scienza studia le colture arboree insieme con i suoi collaboratori e Francesco Sala, con i suoi sta sperimentando la possibilità di interventi di ingegneria genetica. So bene che questa faccenda dell'intervento genetico che va a modificare ciò che Dio ha creato suscita problemi morali e preoccupazioni per la salute, ma il rischio non viene dalla ricerca scientifica, che nel nostro Paese è affidata a ricercatori stipendiati dallo Stato e dovrebbe essere finanziata di più e meglio, il rischio nasce dal fatto che i “detentori delle sementi” facciano in modo di governare le produzioni e costringono i coltivatori a servirsi esclusivamente da loro e acquistare ciò che essi producono, inducendoli a non coltivare più le specie o le varietà non interessanti per i grandi detentori del seme.
Ma la ricerca dell'Università di Milano è mirata a proteggere specie e varietà a rischio di estinzione per incapacità di difendersi dai parassiti ( il pomodoro di San Marzano e il riso Camaroli, per fare solo due esempi). Quanto al basilico, invece mi sembra che si voglia esagerare facendo del terrorismo con la faccenda del metil eugenolo che, nel basilico a foglie di banano diventerebbe solo eugenolo e quindi innocuo; quanto pesto debbo ingoiare, allo stato puro, per potermi ammalare? Finiamola con le fisime, qui è palese che qualcuno, che non sa cosa sia il pesto pretende che anche noi lo facciamo come il suo, così ti saluto il pesto genovese. Ma con chi credono di parlare? Vi siete accorti che da quando gli americani producono vino è venuto fuori che il vino fa bene? Adesso fa bene anche quello bianco che gli americani producono in grande quantità ed è anche buono. Il vino fa bene perché è buono, perché fa parte della nostra alimentazione e della nostra cultura e perché no, perché rende allegri. La vite è tutta innestata su ceppo americano, com'era il vino prima della filossera non si sa, oppure lo sa qualcuno che ha trovato nicchie di vite non attaccata, ma quanto vino fanno non lo so. Forse l'innesto ha mutato il sapore, così come Sala teme che l'innesto del San Marzano su una pianta di pomodoro resistente al virus possa mutarne le qualità organolettiche.
Le ibridazioni sono vecchie come il mondo, almeno da quando esiste l'agricoltura si tenta di ibridare, di aggiustare e di selezionare; si fanno muli e bardotti che sono sterili e nessuno protesta, né alcuno è mai morto per aver mangiato carne di mulo o di bardotto, semmai ha avuto problemi di masticazione. Il mais non esiste allo stato naturale ( almeno non se ne hanno notizie) e non si riproduce senza l'intervento dell'uomo: si comportava così anche in America, prima di Colombo.
Mi sembra quindi che sia opportuno alimentare la ricerca nel senso dell'ingegneria genetica, cercando di salvaguardare quelle specie e quelle varietà che non resistono ai nuovi parassiti evitando di esagerare con i veleni, ammesso che si sappia quali veleni riescono a debellare la “flavescenza dorata” che attacca la vite, Sono le istituzioni e lo Stato che debbono vegliare affinché tutto questo non ci renda dipendenti da qualche speculatore e sia mirato a rafforzare la diversità biologica che è anche la diversità biologica che è anche generatrici di scambi. Chiediamo, però, che le sperimentazioni siano condotte con la preoccupazione di salvaguardare la nostra salute, prima di mettere sul banco del fruttivendolo un ortaggio che non uccida e vediamo che il vino sia buono e non si metta a far male davvero.

Giovanni Rebora – IL SECOLO XIX –

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