L'aceto balsamico nell'insalata? Sì, ma anche sul viso!

di Giulia Zanichelli
Dopo la vinoterapia per levigare e far risplendere la pelle con il lambrusco Grasparossa, tocca all'aceto balsamico! La pregiata e versatile specialità di Modena e di Reggio Emilia si può trasformare anche in una potente alleata per migliorare tono e condizioni della carnagione. E a pensare a una specialità della gastronomia locale come a un prezioso aiuto per il benessere e la bellezza non potevano che essere le Terme della Salvarola, che già da alcuni anni si sono specializzate nella vinoterapia, sfruttando un altro tesoro di queste dolci colline, il lambrusco. In particolare la qualità ottenuta dalle uve Grasparossa è divenuta la protagonista più richiesta dei pacchetti wellness e di "remise en forme" della nota località termale non lontana da Sassuolo già conosciuta dagli Estensi e della loro corte.
Le acque e i fanghi salsobromoiodici e le acque sulfuree di Salvarola sono noti da epoche antichissime per le loro proprietà curative nei confronti delle affezioni osteo-articolari e reumatiche, oltre che nelle dispepsie e nei problemi respiratori. Da alcuni anni, inoltre, è attivo il Centro Estetico di Balnea, che offre programmi specialistici, come: pressoterapia e crioterapia, molteplici tipi di massaggio (olistico, semi-preziose e cristalli, al mosto e uva fresca, shiatsu, linfodrenante, termoaromatico, antistress, ecc.), docce solari, fanghi di bellezza (un vero toccasana per combattere gli inestetismi della cellulite o per maschere al viso e peeling al corpo).
E ora, accanto alla vinoterapia, il trattamento principe di Salvarola, il pacchetto all'aceto balsamico si annuncia come un'altra punta di diamante nella conquista di bellezza e benessere.
Noto in tutto il mondo come condimento in grado di rendere unici piatti e pietanze, l'aceto balsamico si è rivelato un vero scrigno di tesori insospettati anche in cosmesi. Ricchissimo di sostanze protettive e benefiche, l'aceto balsamico si è rivelato ideale per il trattamento delle epidermidi miste, grasse e acneiche (viso e corpo), che contribuisce a purificare e a lenire. Contiene inoltre altri principi attivi che apportano energia ed elasticità alla pelle.




Cioccolato, l'oro degli aztechi
di Peppe Ricci

La pianta di cacao cresceva spontaneamente lungo i bacini dei fiumi Orinoco e Rio delle Amazzoni già nel 4000 a.C..
Furono i Maya, popolo di agricoltori dalla considerevole conoscenza delle materia scientifiche, ad iniziarne la coltivazione. La coltura si diffuse poi nell'area dell'attuale Messico.
Secondo un leggenda azteca la pianta del cacao nasce dal sangue versato da una principessa morta per difendere il tesoro lasciatole in custodia dallo sposo chiamato lontano in battaglia. La pianta del cacao è per questo amara (le pene d'amore) e fragile (la principessa sopraffatta dai nemici), ma allo stesso tempo forte (la fedeltà che non fa tradire lo sposo). Nell'era Precolombiana il cacao in semi era un bene prezioso, veniva utilizzato per i calcoli, come moneta (valeva molto più dell'oro!) e gli veniva attribuito un valore magico e religioso. Era comunque utilizzato anche come alimento: tostato, macinato, mescolato a liquido e sbattuto fino a diventare spumoso, come bevanda "xocolatl" (da cui lo spagnolo chocolate) a cui venivano attribuite proprietà magiche.
Colombo, in uno dei suoi viaggi, approdando in Martinica, ricevette in offerta semi di cacao, ma non diede molta importanza a "quella specie di mandorla". Furono alcuni conquistadores che seguirono Cortéz nella conquista del nuovo mondo a notare la bevanda preparata con i semi di cacao tostati e che permetteva, se bevuta, di camminare un giorno interno senza fatica e senza bisogno di mangiare.
Gli spagnoli reduci dai viaggi, e ormai consumatori abituali, introdussero in Europa il cacao. Nel XVI secolo con la commercializzazione della pasta di cacao in tutta Europa inizia a diffondersi l'uso della cioccolata, naturalmente solo per i più facoltosi. All'inizio del '600 furono numerosi (alcune decine) i trattati dedicati a questa pianta. In epoca Rococò compaiono i primi locali pubblici dove si possono degustare prelibatezze a base di cioccolata, famosi sono i saloni e i caffè di Venezia in questi anni.
In questo periodo anche la Chiesa si interessa alla cioccolata chiedendosi se tale bevanda interrompa o meno il digiuno. Da tale quesito nascono due teorie "liquidum non frangit jejunum" ma se addensata .. beh allora sì: diventa cibo. Sostanzialmente queste teorie erano legate al rigore religioso di chi le seguiva, e quando i problemi religiosi persero la loro importanza per la vita quotidiana nessuno si preoccupò più di trovare una risposta.
Intorno al XVII secolo il cioccolato assume la forma che oggi più lo identifica: la tavoletta. Da allora i dolci a base di cacao o cioccolato si sono moltiplicati e differenziati tanto che possiamo bere una cioccolata in tazza, mangiare una fetta di torta sacher, gustare un gianduiotto o finissima pralineria senza accorgerci quasi della comune origine: la pianta di cacao, Teobroma, cibo degli dei come Linneo la definisce nella sua classificazione della flora.
In Italia Torino è sicuramente la Capitale del Cioccolato, qui è nato il gianduiotto e qui abbondano "cioccolaterie" dove è possibile soddisfare tutti i gusti. Grazie ai Baci perugina , prima, e al poi, anche Perugia può considerarsi a pieno titolo un'altra capitale del gusto "al cioccolato".
Finora abbiamo parlato del cacao e della cioccolata come bevanda o come alimento dolce, ma la versatilità del cibo degli dei è tale da poterci permettere tutto un pranzo con portate al cioccolato.

da MenSA Magazine


HEOOS CUCINA